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Processo alla Vecia
ATTUALITA' NELLA TRADIZIONE
 
Tra folclore e spettacolo a metà Quaresima sulle acque del Sile viene bruciato il pupazzo, simbolo dell’inverno, per allontanare definitivamente la cattiva stagione e dare il benvenuto alla primavera.
 
 
 

   Non c’è luogo al mondo che non meriti di essere visitato: ovunque si può trovare un ambiente interessante, bello o semplicemente tranquillo.
   Vi sono poi luoghi che non possono essere trascurati in determinate occasioni o festività: uno tra questi è di certo la restera di Cendon nel giorno che sta a metà della Quaresima. Qui, infatti, il giovedì della terza settimana prima di Pasqua, si celebra una tradizione antichissima: il rogo della Vecia.
   Tra le calme acque del Sile, si consuma, ogni anno, questa tradizione veneta importantissima, che si affianca dignitosamente ai più famosi Panevin, alle sagre paesane o ai carnevali.
   Sono tutti appuntamenti che profumano di tradizione, che decretano il ritorno alle nostre origini con il ricordo dei canti che scandivano il lavoro dei campi nelle diverse stagioni dell’anno.
   Non è possibile guardare alla festa dei nostri giorni senza considerare il percorso antichissimo che l’ha accompagnata. Il rogo della Vecia è un evento nobilissimo nella sua storia: in origine, come il Panevin del resto, rappresentava l’inverno ormai morente nelle sembianze di un fantoccio di paglia e stracci, col viso di vecchia, richiamo al carnevale terminato appena venti giorni prima. Bruciare solennemente tale pupazzo equivale a distruggere definitivamente la stagione invernale, anticipando così, l’arrivo della primavera.
   La data fissa di tale manifestazione è uno strappo al rigore del periodo quaresimale, periodo di penitenza, digiuno, preghiera ed astinenza in preparazione alla Pasqua.

 
IL ROGO DELLA VECIA - foto Marco Moni  
 
 

RAPPRESENTAZIONE SCENICA GIRATA A TREVISO DEL PROCESSO

 

   Il rogo, a Cendon, merita altre considerazioni storiche: mentre, infatti, altrove tale falò si consuma nelle piazze dei paesi, qui è la splendida cornice dell’ansa del fiume Sile a completare lo spettacolo: la presenza dell’acqua serve poi ad invocare le piogge per i raccolti e per il foraggio del bestiame, tanto che in origine la Vecia veniva annegata prima di venir arsa (…nemmeno chi scrive ha ben chiaro come si possa bruciare un fantoccio fradicio ed inzuppato, ma così narrano i libri di tradizioni popolari…).
   Come tutte le manifestazioni che risalgono a tempi antichissimi, il rogo della Vecia a Cendon ha saputo aggiornarsi ed impreziosirsi: così alle motivazioni puramente contadine del gesto si sono aggiunte le rivendicazioni sociali della comunità contro la cattiva amministrazione, le tasse, le ingiustizie e quant’altro si era subito nel corso dell’ultimo anno.
   Ma la novità che più si segnala, da vent’anni a questa parte, è il processo alla Vecia: in questo modo, prima di dare alle fiamme il fantoccio che attende ignaro la sentenza, un palco galleggiante si presta a tribunale straordinario, in cui giudici ed avvocati si affrontano ­ inutile a dirsi ­ in un divertentissimo processo contro l’imputata. Ahimè, l’esito è inevitabile, ma il futuro potrebbe riservare sorprese positive anche per la Vecia, non si sa mai.

 
     
 
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