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Direttore Parco naturale
delle Dolomiti Friulane
   

 

Un paradiso tutto da scoprire

LE DOLOMITI FRIULANE
E LA
FORRA DEL CELLINA
 
Un parco naturale, il primo, tra i più significativi dell’arco alpino
orientale sia per estensione sia per importanza morfologica.
La Riserva Naturale Forra del Cellina evoca un suggestivo paesaggio “dantesco”
inciso dall’omonimo torrente.
 
     
 
omprendente ben 37 mila ettari fra i più belli dell’intera regione, il Parco naturale delle Dolomiti Friulane coinvolge le aree dei Comuni di Andreis, Cimolais, Claut, Erto e Casso, Frisanco e Tramonti di Sopra in Provincia di Pordenone, di Forni di Sopra e Forni di Sotto in Provincia di Udine. La gran parte del territorio del parco, il cui accesso in passato era reso difficile dall’impervia orografia, possiede ambienti di spiccata naturalità, conservati inalterati fino a oggi grazie a una presenza antropica da sempre piuttosto limitata. L’elevato grado di wilderness che si scopre negli aspetti naturalistici e negli splendidi scenari è sicuramente la caratteristica principale che porta questa zona ad essere un vero e proprio paradiso per l’escursionismo, il trekking e l’alpinismo.
Gli innumerevoli itinerari escursionistici adeguatamente sistemati e supportati da un buon numero di strutture d’appoggio, attraversano un territorio di grande interesse geologico, forse il più complesso della regione Friuli-Venezia Giulia. L’azione degli agenti atmosferici sulle formazioni calcaree dolomitiche ha determinato la formazione di rilievi dalle forme molto varie e spesso spettacolari, alle quali la luce delle diverse ore del giorno conferisce un fascino del tutto particolare.

 
Nel paesaggio tipicamente dolomitico della zona dei “Monfalconi” si trova l’elemento simbolo di riconoscimento dell’intera area protetta il “Campanile di Val Montanaia”, l’imponente guglia rocciosa salita per la prima volta nel 1902 dagli alpinisti austriaci Saar e Glanvell. Percorrendo il sentiero poco impegnativo tracciato dagli alpini durante i primi anni del ’900, si arriva nei pressi della Casera Casamento, dove recentemente sono state scoperte delle impronte fossili di dinosauro impresse nella roccia, un ritrovamento di estremo interesse paleontologico. Si trattava di un animale bipede a tre dita vissuto nel periodo triassico, ben 215 milioni di anni fa, quando al posto delle montagne era presente una grande piana di marea. All’imbocco della Val Zemola, da Costa a Casso, ha inizio l’antica via del carbone (Il Trui dal Sciarbon), un facile sentiero panoramico che attraversa una zona di interesse non solo naturalistico ma anche storico-etnografico, dove ai paesaggi suggestivi si accompagnano le immagini dei tempi passati, tra le architetture austere dei paesi di Erto e Casso inevitabilmente offuscati dal tragico ricordo del disastro del Vajont. Alla fine del Seicento, la via del carbone era percorsa dalle donne recanti in spalla le pesanti gerle cariche del combustibile vegetale che veniva prodotto nelle carbonaie (poiàt) e portato fino a Longarone. Da qui, su convogli di zattere, veniva trasportato lungo il Piave fino a Venezia. Questa faticosa attività commerciale fu praticata fino agli anni Cinquanta, e solo negli ultimi anni venne usata una teleferica per il trasporto del carbone nella valle del Piave.
Addentrandosi più a fondo nel parco, percorrendo la traversata dalla Val Settimana alla Val Cimoliana e sostando nelle diverse casere recentemente ristrutturate è facile imbattersi nei veri protagonisti di questi luoghi: gli animali selvatici. Cervi, caprioli, camosci e più in alto stambecchi e marmotte, si fanno spesso scorgere tra la vegetazione e le rocce del loro habitat, regalando delle immagini indimenticabili all’attento e paziente osservatore.
Silenziosi e appariscenti sono invece i protagonisti del patrimonio floristico del parco, sicuramente uno degli elementi che hanno determinato quest’area come ambito da destinare a protezione. Specie endemiche come l’arenaria di Huter (Arenaria huteri), la Daphne blagayana, la genziana di Froelich (Gentiana froelichii), la primula tirolese (Primula tyrolensis), la primula di Wulfen (Primula wulfeniana) sono solamente alcune delle presenze floristiche di pregio. Accanto a queste non vanno dimenticate le specie più comuni come la splendida scarpetta della Madonna (Cypripedium calceolus), un’orchidea che fiorisce abbondantemente all’inizio dell’estate.
A fare da contorno a flora e fauna nelle valli del parco troviamo le fresche acque sorgentizie che sgorgano dalla terra e si trasformano in ruscelli e piccoli torrenti, che irrompendo nella quiete dei boschi modellano nel tempo il paesaggio.
Le proposte di promozione e di conoscenza del territorio del Parco naturale Dolomiti Friulane si sono svolte privilegiando innanzitutto il mondo della scuola. Negli ultimi anni le numerosissime scolaresche dell’intera regione attraverso visite guidate hanno potuto scoprire direttamente le esclusività naturalistiche del territorio. È inoltre possibile partecipare alle giornate di visita dei calendari escursionistici organizzati durante tutto il periodo dell’anno, così da poter cogliere i vari aspetti, anche di trasformazione, che l’ambiente offre nelle diverse stagioni.
Per conoscere e apprezzare l’area protetta sono attivi anche sei centri visite dislocati sul territorio alcuni aperti tutto l’anno, altri solo su prenotazione e durante i periodi di maggior afflusso turistico (periodo estivo). Il centro visite di Cimolais è un importante punto di riferimento per gli escursionisti che desiderano avere informazioni su quanto offre l’intera zona. Per conoscere meglio i diversi aspetti naturalistici è stato realizzato un percorso didattico che illustra fauna, flora, rocce e vegetazione. Una breve introduzione avvicina il visitatore al paesaggio naturale circostante.
Il centro visite di Erto è interamente dedicato alla catastrofe del Vajont del 1963. È diviso in due sezioni: una ospita una raccolta di foto d’epoca. Il percorso vi condurrà indietro nel tempo alla scoperta di tradizioni, usi e costumi della gente del Vajont prima del tragico evento del 9 ottobre 1963, fino ad arrivare alla fatidica notte quando l’immensa frana si staccò dal monte Toc e precipitò nel lago artificiale, scatenando la furia dell’acqua che causò duemila vittime. L’altra sezione descrive in modo dettagliato e scientifico l’intera vicenda dalla progettazione del bacino idroelettrico del “grande Vajont” fino al processo. Tutto è raccontato attraverso pannelli descrittivi. Inoltre si possono consultare tabelle, grafici e confrontare plastici illustrativi. Nella saletta multimediale un cd-rom permette di avere una visione globale della catastrofe e di osservare la ricostruzione grafica della frana e filmati originali dell’epoca.
Nel paese di Andreis si trova l’Area Avifaunistica costituita dal centro di recupero per l’avifauna ferita e l’ambulatorio veterinario, da un nucleo di voliere, una saletta didattico-ornitologica e un laboratorio naturalistico. L’area di maggiore interesse per il pubblico è senz’altro quella delle voliere, situate sopra l’abitato di Andreis: al loro interno sono ospitate diverse specie di uccelli: falchi, gheppi, poiane, allocchi, sparvieri, un astore e un’aquila reale.
Alcuni di questi hanno subito lesioni che non consentono loro di ritornare in libertà. Altri vengono curati e successivamente liberati; nel frattempo vengono sistemati in una voliera attrezzata appositamente fino alla completa riabilitazione. A ogni liberazione il parco organizza una occasione per attività di educazione ambientale con gruppi o scolaresche.
Nell’Alta Val Tagliamento, la vegetazione è l’argomento illustrato presso il centro visite di Forni di Sopra dove è allestita la mostra “La vegetazione del Parco”, integrata da escursioni dedicate ai più piccoli come ad esempio il “Sentiero dei bambini”.
Mentre nel centro visite di Forni di Sotto l’argomento trattato è la foresta con la mostra “Le tipologie forestali del Parco”, integrata da interessanti itinerari di archeologia forestale come quello della “Teleferica della Val Poschiadea”.
 

Panorama dolomitico visto dal monte Pramaggiore. In primo piano il monte Castello

I torrioni dolomitici della Cresta del Leone nell'alta Val Cimoliana

Fioritura del botton d'oro (Trollius europaeus) a Prasso Pramaggiore

Panorama del sentiero tra la Tacca e la vetta del monte CridolaIl torrente Cimoliana lungo il percorso dell'omonima valle.

Panorama all'imbocco della Val Cimoliana

Alisso dell'Obir (Alyssum ovirense)
Ranuncolo alpestre (Ranunculus alpestris)
Papavero alpino (Papaver rhaeticum)
Raponzolo di Sieber (Phyteuma sieberi)
Campanula di Moretti (Campanula morettiana)

Un altro centro visite sta per essere completato nel paese di Frisanco e ospiterà una mostra sull’arte casearia. Dalla ristrutturazione di una ex latteria del paese nasce l’idea di creare un percorso didattico-informativo sulle tecniche di lavorazione del latte utilizzate nel passato. Percorso che parte dalla gestione delle malghe fino ad arrivare alla produzione dei prodotti tipici. Collegata al parco vi è inoltre la vicina Riserva naturale Forra del Cellina che interessa i Comuni di Andreis, Barcis e Montereale Valcellina. Questa riserva, comprende la parte più significativa della grande incisione che il torrente Cellina ha scavato negli strati calcarei fra Barcis e Montereale prima del suo sbocco nell’alta pianura pordenonese, dove va a formare vasti letti di detriti alluvionali.
La stretta forra, somigliante a un grande canyon, è caratterizzata da intensi fenomeni di erosione fluviale, come le “marmitte dei giganti” formate nei secoli dai gorghi tumultuosi delle acque, tutte forme che per le dimensioni raggiunte costituiscono un elemento di forte suggestione.
Il versante sinistro è percorso da una strada a serpentina che per una decina di chilometri attraversa la forra, sino a giungere al verde lago di Barcis. Attualmente non percorribile, questo suggestivo percorso sarà oggetto di recupero grazie a un progetto supportato dai fondi della Comunità Europea.
L’aspetto tormentato di questa valle indusse il massimo “cantore” della Val Cellina, Giuseppe Malattia della Vallata (1875-1948) a pensare che proprio in questi luoghi Dante avrebbe trovato l’ispirazione per i gironi infernali.