FORNACI E FORNACIAI

 
Alla scoperta di una attività
che ha segnato la storia sociale ed economica
del territorio collinare friulano.
 
     
 

ià in epoca romana si è potuto verificare che all’interno di questo territorio, nel quadrilatero che unisce Fagagna, San Daniele, Buja e Cassacco, si è utilizzata costantemente l’abbondante argilla presente e tramite la sua cottura in forni rudimentali, ottenere mattoni e vasellame.
Bisogna aspettare comunque la seconda metà del 1700 per assistere all’avvio della produzione di laterizi su larga scala, in particolare di mattoni, coppi e pianelle da destinare all’edilizia.
La “svolta produttiva” che consentirà un inarrestabile sviluppo, oltre che legata alle tecniche di cottura, sarà causata dall’utilizzo della torba, anch’essa presente in zona, quale più economico combustibile. Il primo a utilizzare la torba è stato l’intraprendente conte Fabio Asquini di Fagagna. Egli, seguendo le orme degli olandesi, approfondisce prima le tecniche della sua escavazione, poi dal 1768, dopo una serie di positive sperimentazioni, la utilizza sistematicamente per la cottura di mattoni e sassi di calcina.
Il conte Asquini costruisce due fornaci e dopo aver terminato la costruzione dell’avveniristica azienda agricola, denominata non casualmente la “Nuova Olanda”, inizia a produrre materiali per l’edilizia a prezzi concorrenziali. In poco tempo passerà dai 12.500 pezzi annui prodotti per usi familiari agli 80 mila pezzi prodotti per ogni singola cottura, fornendo i principali mercati edilizi della regione.
L’attività produttiva fagagnese si protrarrà per circa due secoli, attraversando periodi storici anche turbolenti, che portarono radicali trasformazioni, sia tecnologiche che gestionali, fino alla cessazione dell’attività, avvenuta nel 1962.
Sia sotto il dominio Austro-Ungarico che dopo l’annessione al Regno d’Italia, mancando le condizioni per un adeguato sviluppo economico, molti friulani furono costretti ad emigrare, raggiungendo anche a piedi la Baviera e le altre regioni dell’Impero. Da una ricerca di fine ’800 furono censiti circa 60 mila friulani stagionali occupati nelle fornaci, 10 mila dei quali provenienti dal solo Mandamento di San Daniele.
Con l’avvento dei collegamenti ferroviari si intensificarono i flussi migratori, anche di donne e bambini, anch’essi occupati nel duro lavoro delle fornaci. L’ingaggio di queste persone veniva fatto dai Capucjas, personaggi che trattavano direttamente con le famiglie, contrattando il compenso per l’intera stagione che durava normalmente da marzo a tutto novembre.
Nel periodo sopracitato molte maestranze provenienti da questo territorio, in particolare dai Comuni di Buja e Majano, dopo aver imparato il mestiere di fornaciaio, fecero poi fortuna, arrivando anche a dirigere gli stessi impianti. Molti tra questi, soprattutto dopo la “rivoluzione” tecnologica introdotta dal brevetto dell’ingegnere berlinese Hoffmann con il forno a “fuoco continuo”, ritornando in Friuli, diedero vita alla costruzione di nuovi opifici, attivando i vari “Privilegi”, cioè i benefici che venivano concessi a quanti dimostravano capacità e mestiere.
Prima di parlare di altre fornaci a “fuoco continuo”, va ricordato che nel solo Comune di Buja, nel decennio 1860-70, esistevano ben sette impianti. Tra questi va menzionata “La Fornasate”, gestita dalla famiglia di Cjocjo Calligaro. La fornace Asquini a Fagagna, in produzione fino alla fine degli anni '60In tale struttura produttiva la lavorazione dei laterizi è sempre stata fatta a mano, secondo gli antichi dettami, fino al 1974, anno in cui morì l’ultimo discendente della famiglia Calligaro, che dal 1853 aveva gestito ininterrottamente l’attività. Per la perfezione dei materiali prodotti tutte le Soprintendenze d’Italia venivano qui ad acquistare pezzi per il restauro dei più importanti monumenti.
Le prime “fornaci moderne” furono costruite a Zegliacco, in Comune di Treppo Grande, e a nord di Fagagna, a poco più di un chilometro da quella “storica” degli Asquini.
A San Daniele, in località “Soprapaludo” esiste ancora un grande fabbricato in mattoni faccia vista, utilizzato in origine quale abitazione per i dirigenti di una fornace a “fuoco continuo”.

 
Fornace a "Fuoco continuo" dei cugini Calligaro di Buja
Fornaciai di Rive d'Arcano in Germania

 

Fornace "Asquini" a Fagagna

Dopo la prima guerra mondiale passerà ad altri proprietari che la gestiranno fino agli anni ’40.
Anche tra le verdi colline di Moruzzo, al confine con il Comune di Colloredo e nei pressi del piccolo abitato di Modotto, nascono due moderne fornaci di laterizi, per opera di imprenditori esterni, anche se la loro attività viene contenuta in un tempo relativamente breve. Così come quella struttura realizzata a Conoglano, in Comune di Cassacco, che arriva comunque a produrre fino a 3 milioni di pezzi l’anno, con 70 persone occupate e che termina la sua attività nel 1925 e la sua successiva liquidazione tre anni dopo. Lo stesso anno, 1928, in cui Giuseppe Morandini, imprenditore di Tricesimo, realizza una moderna fornace a San Eliseo di Majano. L’impresa, superati i difficili momenti post-bellici e del dopo-terremoto, con la metanizzazione del territorio, modifica radicalmente il sistema di cottura dei laterizi: mattoni pieni e forati, bimattoni e blocchi, dallo stampaggio passano direttamente alla cottura, automatizzando il processo e limitando di molto l’impiego di manodopera. Due anni fa anche quest’ultima fornace cessò l’attività.
Non è dato sapere se l’attività produttiva sarà ripresa o meno in futuro. Si può comunque concludere dicendo che con quest’ultima chiusura, dopo oltre due secoli è definitivamente cessata un’epoca che ha lasciato in Friuli tante tracce e ancora vivi ricordi che fanno comunque ormai parte della storia della nostra gente. Un’attività produttiva che ha portato sviluppo sociale ed economico, ma anche lacerazioni e sfruttamento.
Con la cessazione dell’attività e la chiusura delle varie fornaci si sono progressivamente persi anche gli immobili che con i loro maestosi profili e le svettanti ciminiere segnavano in modo così marcato il già suggestivo paesaggio collinare.