Cassacco

VALLE DEL CORMOR

 
Tra borghi rurali e recuperati mulini,
scorre impetuoso ed incostante il sinuoso torrente.
 
     
 
l torrente Cormor interessa il Comune di Cassacco lungo la parte del territorio che si dispone ad ovest e su quel lato ne contorna il perimetro, definendo anche il confine con il Comune di Treppo Grande.
Dopo un percorso che parte dalle sorgenti situate nel Comune di Buja, il torrente si immette nella bassura che lo porta nella località di Conoglano, nel territorio cassaccese, dove nelle vicinanze, a poca distanza dal passaggio dell’autostrada Udine-Tarvisio, confluisce il torrente Soima.
Il Cormor presenta un regime torrentizio con una portata variabile e a carattere periodico, in taluni casi anche scarsa, a seconda del periodo stagionale.
Nella storia del torrente Cormor riveste una particolare importanza l’affluenza del torrente Soima che in quel tratto viene denominato torrente Urana. Anticamente l’Urana si riversava nel Ledra e nel Tagliamento, ma le comunità di alcuni paesi, nel quattrocento, intervennero per la modifica del corso d’acqua al fine di migliorarne il deflusso. Ma il conseguente aumento della portata del principale torrente, soprattutto nei periodi di piena, aveva provocato dei disalveamenti sempre più numerosi e disastrosi, che interessarono soprattutto la zona meridionale a sud di Udine.
Il regime idrico del Cormor, legato soprattutto al periodo stagionale, aveva portato anche ad una ridotta presenza di manufatti lungo il suo percorso al fine di consentire lo sfruttamento dell’energia idraulica, a differenza di altri corsi d’acqua dove la portata era più costante e le rogge o le roste di derivazione ne consentivano un opportuno utilizzo.
Tale situazione aveva interessato anche il mulino di Conoglano, il quale funzionava solo limitatamente ad alcuni mesi all’anno, a seconda del livello della portata. L’edificio era collocato lungo una derivazione del Cormor dalla quale proveniva l’acqua che costituiva la forza motrice per il funzionamento delle pale.
La realizzazione della costruzione risale agli inizi del settecento (1710-1712) per opera di un fabbro della famiglia dei Colaone; forse per questo motivo gli eredi del mulino, in seguito, furono soprannominati “Ferrant”. L’esistenza del mulino già a quell’epoca è testimoniata all’interno dell’Archivio di Stato di Venezia che ne cita la presenza negli atti relativi ad un processo dovuto ad una lite tra un certo Valentino Colaone ed alcuni suoi vicini per questioni di confine.
Tale Colaone aveva costruito il mulino deviando il corso d’acqua del Cormor in relazione alle necessità della popolazione locale, che altrimenti doveva fare «…più di quattro miglia per macinar…».
Il mulino funzionava solo nel caso di abbondanti piogge e perciò per un periodo limitato a tre-quattro mesi all’anno. Esso era costituito da una sala al piano terra dove era collocata la macina ed al piano superiore si trovava l’abitazione; sulla sponda opposta del corso d’acqua una piccola costruzione costituiva il battiferro.
A seguito del sisma del 1976 il mulino era rimasto seriamente danneggiato ed il successivo recupero della costruzione ne ha consentito la fruizione sia come museo etnologico, che come locale di ristorazione, unendo due attività che ben si sposano tra loro e che permettono contemporaneamente la fruizione e la conservazione del fabbricato stesso. In tal modo questi manufatti edilizi, assai isolati dal centro abitato, riescono a perpetuare una loro storia anche con usi diversi che comunque sono apportatori di nuova linfa vitale.
La vicina località di Conoglano, posta sulla dorsale collinare rivolta al torrente Cormor ed al suo affluente Soima, non si individua in un unico agglomerato urbano, ma è un insieme di borghi distribuiti in siti ben distinti e i cui nuclei abitativi hanno mantenuto la loro iniziale conformazione pressoché integra.
Il Borgo Miotti è forse il caso più interessante ed il meglio conservato nel tempo, attraverso un intervento di recupero che ha riproposto la tipologia propria di una edificazione continua e lineare, in una sorta di strada-corte interna che collega i due accessi carrai principali situati alle due estremità del borgo stesso. L’edificazione si dispone con l’affaccio principale verso sud ed è racchiusa da edifici di servizio rispetto al fronte della campagna.
Il primo accesso al borgo è posto lungo la strada che sale alla chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, accanto ad un fogolâr di forma semicircolare, al quale si addossa il primo edificio appartenente al Borgo Miotti; quello opposto si apre sulle aree coltivate. All’interno della borgata si presenta una successione di abitazioni addossate tra loro, caratterizzate da ballatoi in legno e piccoli spazi di pertinenza, mentre di fronte si alternano piccole costruzioni che costituivano le stalle e i fienili.
 

Parte della "Valle del Cormor" ai piedi dell'abitato do Conoglano a Cassacco

L'antico borgo Miotti

Borgo Miotti: particolare del pozzo
Il recuperato mulino "Ferrant"
Un antico pozzo è situato lungo il percorso di collegamento al successivo portone e l’insieme edilizio si conclude con una corte comune; nel suo complesso il borgo costituisce una sorta di microsistema a sè stante. In esso, nel corso del settecento, ebbero i natali un chirurgo ed un notaio di fama ed anche Don Nicolò, anch’esso Miotti, divenuto in seguito parroco di Cassacco.
Sulle facciate di alcune abitazioni si presentano degli affreschi santoriali che abbelliscono ulteriormente il borgo e manifestano quanto intensa fosse, a quel tempo, la religiosità popolare.
Anche Borgo Baiutti, come Borgo Menut, si segnala per la conservazione della tipologia locale, che consiste in una schiera di edifici caratterizzati dai tipici terrazzini in legno sui quali venivano appesi i raccolti o la pila delle pannocchie ad essiccare.
Tali costruzioni sono comunque testimonianza di una civiltà contadina dove i tempi ed ritmi di vita erano imposti dalle stagioni e dal lavoro agricolo. Attualmente esse sono inserite in un paesaggio ancora integro nei suoi aspetti naturalistici e ambientali, il quale si estende verso Colloredo di Monte Albano sino alla collina di Ara di Tricesimo, dando seguito alla zona di tutela ambientale che prosegue verso Udine.