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GIOVANNI GASPAROTTO
Prof. Ordinario Università degli Studi di Verona

TRA ARTE E DEVOZIONE

Tre secoli di affreschi impreziosiscono la chiesetta di S. Vincenzo, nata come cappella gentilizia dall'architettura senza pretese, data la sua origine bucolica, ma assurta a richiamo religioso e civile della città.
 
 
Chiesa S. Vincenzo

ripercorrere le vicende storico-artistiche della chiesa di S.Vincenzo, sede parrocchiale, si rischia di affidare a congettura le tappe della sua plurisecolare esistenza. Legata a Thiene e ai Thienesi per ragioni d'ordine religioso ed affettivo, è passata a primo punto di riferimento, anche civile, della città fino dal lontano Trecento. Questa nostra chiesetta, è assurta, però, al rango precipuo di monumento per i suoi pregi artistici legati, non all'umile veste architettonica di ascendenza campestre, ma al complesso delle pitture che la impreziosiscono. Nata come cappella gentilizia ma destinata a fungere da pieve rustica, il suo valore di patrimonio culturale deriva dal complesso di affreschi eseguiti nel corso di tre secoli ('300-'500): ne parleremo in breve, senza la pretesa di dare come definitivo quanto diremo, con il desiderio di suscitare nuova curiosità e buona voglia di spingere a fondo lo sguardo dentro i problemi, ancora insoluti, di queste decorazioni, che fanno di S. Vincenzo uno dei centri d'interesse culturale cittadini.

Acquisito il dato certo della sua costruzione (provvidenziale in facciata la lapide indicante l'adito al culto il 5 maggio 1333, che ricorda i fratelli Miglioranza, Uguccione e Marco Thiene, suoi benemeriti realizzatori), essa doveva apparire a pianta rettangolare, corrispondente all'attuale unica navata con portalino più basso del presente in facciata, il tetto in simrnetria col superstite fregio dipinto di ottima coloritura e con raffinati motivi fioreali e geometrici. Coevo dovrebbe essere anche il fregio a cordone di rombetti monocromi di base, ripetuto in alto sull'affresco parietale (a destra di chi entra) e sulla travatura del tetto.

Affresco sec. XIV

Meritano particolare interesse, all'angolo sinistro della parete frontale, le due superstiti figure di S. Pietro e S. Giacomo (nomi segnati sopra le due immagini), e si presume che altre analoghe pitture dovessero continuare su tutta la parete, distrutte dall'apertura dell'arco a sesto acuto, praticato in un secondo momento, per accedere al presbiterio aggiunto in seguito.

Pietro s'impone con la statura del dignitario, lo sguardo teso lontano, la chiave in mano; Giacomo sembra riflettere il privilegio che lo accampa al fianco del primo vicario di Cristo; ottima l'armonia dei colori, fresca la capigliatura fluente e cosi' pure la barba orientaleggiante dei due. I superstiti motivi che decorano la parete, non consentono di rilevarvi altre immagini certe, ma offrono motivo

per la conclusione di un discorso pittorico che doveva riguardare tutto questo muro di fondo.

All'epoca prerinascimentale dovrebbero assegnarsi i tre quadri della parete di destra: i primi due hanno le caratteristiche degli "ex voto". Severità e delicatezza insieme prevalgono nella prima immagine in alto; le scalcinature deturpano questa splendida figura, ma non vietaio di cogliervi ricchezza e finezza insieme dell'abbigliarnento. Ai piedi dell'immagine, inginocchiato e raccolto in preghiera, sotto la mano della santa allungata in atto di protezione, è il monocromo committente o graziato (personaggio dalle ridottissime dimensioni).

Poco leggibile ma eloquente, il tratto dell'altra figura di santa dietro la prima: fra le tacche erose dell'intonaco, si coglie uno sguardo fortemente espressivo della figura.

A. Maganza: San Vincenzo (particolare)

Avvincente per le variazioni del colore, a tratti intenso, è il sottostante riquadro con i due personaggi, un vescovo con un grosso libro e un diacono con turibolo e messale: compostezza e austerità dominano l'atmosfera. Vi spiccano in particolare le vesti sacerdotali negli splendidi colori; il fascino dei due personaggi vi è accresciuto dallo sguardo acutamente penetrante; i riflessi dei paludamenti dorati e delle raggere accrescono la suggestione della scena, ritmicamente sottolineata dal geometrismo imposto all'abbigliamento del diacono: forse è Vincenzo.

Protagonista dell'intero scenario, sempre a destra, per il sopravvivere degli elementi costitutivi e l'indovinato recupero recente, è il predominante quadro centrale con i cinque santi in intenso rilievo,

sormontato dal duplice fregio, quello dai motivi floreali lanceolati, e quello della teoria di rombi monocromi (non si colgono i cinque nomi che pure vi figurano). Il primo santo, in veste candida con sottolineature dorate, tiene in mano le manette della prigionia; lo sguardo pacato e il tratto accrescono la dignità del personaggio.


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