Accanto alla committenza pubblica si colloca la grande munificenza della famiglia Antonini, di origine carnica, che arricchì la città di prestigiosi palazzi. Il migliore è certamente palazzo Antonini, attuale sede della Banca d’Italia, per il cui progetto fu chiamato, nel 1556, il celebre Andrea Palladio. Sempre in questo secolo furono gettate le fondamenta del palazzo del Monte di Pietà (attuale sede della Cassa di Risparmio). 
    A un’altra famosa famiglia si deve la trasformazione radicale del duomo attuata agli inizi del xviii secolo, la cui originaria struttura gotica fu rivoluzionata da abbellimenti barocchi. Furono infatti i Manin a sostenere per intero le spese di tutti i rifacimenti. 
    Gli ultimi due patriarchi di Aquileia, Dionisio e Daniele Dolfin, contribuirono infine a dare a Udine alcuni dei gioielli più preziosi del suo attuale patrimonio architettonico e artistico: aprirono il cantiere del nuovo palazzo patriarcale chiamando l’architetto Domenico Rossi e il pittore Giambattista Tiepolo ad abbellirlo, incaricarono l’architetto Giorgio Massari di disegnare la nuova facciata della chiesa di Sant’Antonio abate, vollero la biblioteca che oggi conserva più di diecimila volumi, fra cui molti libri rari e preziosissimi codici in lingua greca ed ebraica, e ancora affidarono al Tiepolo l’Oratorio della Purità, dove si può ammirare uno dei suoi maggiori capolavori: l’affresco che adorna il soffitto, rappresentante l’Assunta. 
    Il 2 maggio 1797 l’ultimo luogotenente veneziano, Alvise Mocenigo, lasciava Udine. La città e il Friuli cambiavano padrone, al posto dei veneziani si insediavano i francesi di Napoleone: la Repubblica veneta assisteva inerme al declino della sua lunghissima storia mentre Udine, abbattuti gli stemmi veneti ­ il leone alato che sorgeva (e ora sorge di nuovo) sopra una delle due colonne dell’attuale piazza Libertà e quello sovrastante l’arco Bollani ­ si preparava ad accogliere la nuova amministrazione senza le dimostrazioni di “esaltamento libertino” che avvenivano in diverse altre città. Il 23 giugno 1797 il comandante Bernadotte istituiva un governo del Friuli formato da ventitré cittadini scelti in tutta la provincia e dava inizio a un’importante serie di innovazioni finanziarie, giudiziarie e amministrative che trasformarono l’antica giurisdizione veneta. Nel settembre dello stesso anno Bonaparte, reduce da Milano, poneva il suo quartier generale nella grandiosa villa di Passariano, splendida dimora dell’ultimo doge di Venezia, Ludovico Manin, e qui iniziarono le conferenze per la pace detta di Campoformido. 
    Racconta Ciconi che: «I plenipotenziari austriaci stavano a Udine, il conte Cobentzel nel palazzo Florio: le unioni si tennero parte in Udine presso Cobentzel, parte in Passariano. 

 

In Udine a un lato della tavola rettangolare sedevano il conte predetto, il conte di Meerfeld, il marchese Gallo e il barone d’Engelmann, dall’altra Buonaparte solo. Dopo venti giorni di discussione, il 16 ottobre in Udine il generale francese presentò il suo “ultimatum” che fu rigettato. Desso allora si alzò, pigliò sulla tavola un calamaio di porcellana che il Cobentzel teneva carissimo siccome dono di Catterina ii di Russia, e proferì energicamente queste parole: ebbene, la guerra è dichiarata, ma ricordatevi che tre mesi non passeranno ch’io romperò la vostra monarchia come spezzo questa porcellana, e slanciolla a terra. Ciò detto, partì. [...] Il giorno dopo (17 ottobre) nel villaggio di Campoformido, framezzo Udine e Passariano, veniva segnata la pace che tradiva Venezia».
    Dal 1805 al 1813, salvo una breve guerra nel 1809 in cui la città veniva riconquistata dagli austriaci, Udine si trovò al centro del Dipartimento di Passariano. Durante questo periodo subì numerose trasformazioni: antichi conventi e palazzi nobiliari vennero requisiti e trasformati in caserme, alloggi militari, ospedali, sedi amministrative. Si avviarono trasformazioni urbanistiche, documentate dai progetti per la ristrutturazione del Giardin Grande (attuale piazza i Maggio), dell’ospedale, del cimitero urbano. La società borghese si adeguò e prese i ritmi della società francese. Il salotto della nobile udinese Lavinia Florio Dragoni, per esempio, accolse gli intellettuali udinesi che non disdegnarono di celebrare le lodi di Napoleone. 
    Quest’ultimo ritornò a Udine nel 1807 e, assieme a Giuseppina e al viceré Eugenio, venne accolto dall’alta società locale a palazzo Antonini Belgrado. 
    Dopo i francesi gli austriaci tennero la città fino al luglio del 1866, anno della liberazione e dell’entrata di Udine nel regno d’Italia. Durante questo secolo degna di nota rimane anche la data del 21 luglio 1860, in cui venne inaugurata la linea ferroviaria Udine-Casarsa-Venezia, opera indispensabile per lo sviluppo di una città moderna. 
    Durante i due conflitti mondiali del Novecento Udine ebbe un ruolo di non poca importanza: fu sede del Comando Supremo dell’esercito italiano nel 1915, fu punto di partenza senza ritorno per il fronte (soprattutto per molti alpini della divisione Julia) e subì numerosi bombardamenti durante l’ultima guerra. La successiva ricostruzione trasformò, in parte, la città e iniziò a darle la struttura che oggi conosciamo e che, nonostante qualche inevitabile difficoltà, ne fa ancora una città a misura d’uomo e vivibile.    

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in basso, L’uccisione   del beato Bertrando,   tavoletta lignea della seconda metà   del XIV secolo The Slaying of the Blessed Bertrand, a mid-14th-century wooden tablet Ermordung des frommen Bertrand, kleines Tafelbild aus der zweiten Hälfte des 14. Jh.