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Piazza
San Marco: il salotto del mondo
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VENEZIA
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Il
concetto di città come opera darte si sviluppò nella
coscienza degli europei durante il Rinascimento italiano e non vi è
città italiana che esemplifichi questa idea meglio di Venezia.
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Nel 1162 venne istituita la "Caccia al toro" in ricordo delle guerre dei patriarchi di Aquileia contro quelli di Grado, nella prima delle quali cadeva Ulrico, patriaca dAquileia, con dodici dei suoi canonici fatti prigionieri dai Veneziani. Il prezzo della libertà fu, per Ulrico, il patto umiliante di inviare ogni anno alla Repubblica, nel giovedì grasso, un toro e dodici porci per dare, con quegli animali, lo spettacolo di una zuffa e di unuccisione che ricordasse la famosa disfatta. |
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Si
trattava di una festa a cui assistette anche Alessandro III, durante la
quale, al grido "A morte quelle bestie!" si tagliava la testa
al bue e ai porci, alla presenza del doge e dei senatori. Veniva poi servito
a ognuno dei patrizi un pezzo di maiale e con le orecchie di uno veniva
preparata la mensa del Serenissimo; tutto il rimanente veniva dato al
popolo di poveri che se li contendevano per fare una bella pentolata.
Il doge Andrea Gritti, in seguito, mise fine a questa consuetudine contro
i patriarchi e lasciò soltanto la festa del toro.
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Nel
1364 Francesco Petrarca sedeva su uneminente loggia di fronte alla
basilica per assistere a un festeggiamento di una delle vittorie su Candia,
con un torneo sulla piazza. Nella stessa loggia sotto un padiglione colorato
prendeva posto il doge Lorenzo Celsi avendo alla sua destra Petrarca.
Il poeta dArquà vide lo spettacolo per due giorni e come
narra egli stesso nelle Lettere Senili "nel circuito vi era gran
folla, a cui mancava il terreno, nella varietà di sesso, di età,
di condizione, e i giuochi a cavallo, e i corseri magnifici, coperti di
oro e di seta".
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(continua
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