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   DOCENTE
Un progetto incompiuto
IL PORTO
 
Il Sile, via d’acqua, in passato ha favorito i traffici con la Serenissima,
oggi avrebbe dovuto soddisfare le esigenze
di una realtà economica ed industriale in espansione.
 
 
 

   Dotare la città di Treviso di un porto fluviale è, all’indomani della seconda guerra mondiale, il sogno nel cassetto di quanti vivono la realtà economica del capoluogo al centro di una vasta area fertile che fonda la sua ricchezza sui proventi dell’agricoltura e guarda allo sviluppo della media impresa che ha bisogno di strutture per i suoi traffici commerciali.
   L’idea ha le carte in regola per divenire progetto; infatti, il territorio offre la materia prima su cui intervenire, costituita dalla presenza di un fiume navigabile che scorre in un’area periferica, situata ad est della città e con le caratteristiche richieste.
   Il Sile, fiume di risorgive, è sede di insediamenti umani sin da tempi remotissimi per la sua navigabilità.
In epoca romana è centro di traffici commerciali tra Ravenna e Aquileia

 

passando per Altino, allora scalo e centro viario di significativa importanza nel Veneto. La sua funzione non si esaurisce con la caduta dell’Impero Romano e la distruzione della città di Altino, ma continua per tutto il Medioevo e l’avvento della Serenissima che, impegnata ad espandersi nella terraferma, utilizza il Sile per il trasporto delle derrate alimentari, soprattutto del sale di cui mantiene il monopolio fino al 1500.    In questo periodo le imbarcazioni attraccano in Riviera Margherita dove si trovano anche le postazioni doganali.
   Il trasporto avviene sui burci che scendono la corrente del Sile per rifornire Venezia dei prodotti dell’agricoltura; nel basso Sile più frequenti sono le zattere a trasportare in pianura i roveri del Montello e i pini del Cadore, via Piave.

 
IL POTO FLUVIALE DI SILEA
 

   I burci vantano una capienza di circa 1.800 quintali consentendo il trasporto di un volume commerciale considerevole, dati i tempi.
Nell’Ottocento, per difficoltà connesse all’abbassamento del livello dell’acqua prima, e all’aumentata velocità della corrente poi, le imbarcazioni non proseguono più fino alla Riviera Margherita, ma si fermano a Piazzale Garibaldi e più tardi a Ponte della Gobba; pur tuttavia il traffico sul Sile registra un incremento grazie allo sviluppo della zona industriale di Fiera e al generale miglioramento della navigabilità.
   Alla fine dell’Ottocento, sulla base dei dati raccolti dalla Commissione per la navigazione interna, il Sile risulta essere al quarto posto tra i fiumi

 

navigabili dell’alta Italia. Diverse sono le ditte del trevigiano che si servono del trasporto fluviale (Tognana, Fontebasso, Appiani, Gregori Stucky, per fare alcuni nomi). Ad esse, nel 1937 si aggiunge la Chiari &    Forti che installa a Silea i primi impianti per la lavorazione di materie prime e la realizzazione di prodotti che tanto successo raccolgono sul mercato. Risale, dunque, al secondo dopoguerra l’idea di dotare la città di Treviso di una struttura portuale. Al momento solo Chiari & Forti e qualche mangimificio della zona continuano a servirsi della corrente del Sile e la città, intenta nella ricostruzione, sollecita contributi anche per impegnare proficuamente la manodopera locale che chiede uno sbocco.

 
     
 
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