Meraviglie a colori

AFFRESCHI

Pitture murali
in alcuni percorsi possibili
attraverso la Valle di Non.

Rumo, Chiesa di Sant'Udalrico a Corte  Inferiore. Affreschi di Giovanni e Battista Baschenis da Averara, Ultima Cena

C'è, nel territorio ampio e aperto della Valle di Non, molto più da vedere di ciò che comunemente si crede. Le possibilità di incontrare dei percorsi artistici, sebbene non chiaramente definiti, è la più stimolante tra le scommesse per chiunque ami l’arte o semplicemente apprezzi la scoperta.
L’esistenza di molte pitture murali su questo territorio così perfettamente in armonia con la natura è insieme, un dato poco conosciuto e un fatto così in sintonia con l’ambiente e la cultura da essere assolutamente parte dell’esperienza di ognuno.
Il tema non è solo interessante, ma vario e sfaccettato, di fatto non si tratta esclusivamente di una serie di soggetti ascrivibili ad una scuola locale, ma di una buona quantità di autori di varia provenienza che in epoche diverse hanno portato il proprio contributo personale in quanto a scelte formali e tecniche. L’aspetto comune a tutti questi soggetti è il luogo, cioè la chiesa, che è fulcro, cuore della comunità e definitivamente il luogo dell’arte. Idealmente si potrebbero definire due assi percorribili che si dividono dopo Taio e Dermulo uno verso Fondo, l’altro verso Cles e oltre salendo fino a Bresimo e Rumo.
Di grande fascino sono i cicli pittorici che si presentano come interessanti elaborazioni di un progetto complesso, condotto su una scala minore rispetto a quella a cui siamo normalmente abituati. È singolare vedere come le ridotte dimensioni costitutive di alcuni edifici sacri non abbiano impedito l’ideazione di programmi pittorici elaborati. A Cavareno nella piccola chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano c’è un interessante ciclo raffigurante Storie della vita di Cristo. È un lavoro della fine del XV secolo di autore ignoto, in molte parti rovinato e perduto in alcune porzioni. Dal punto di vista tecnico si tratta di un mezzo fresco con alcune parti a secco, il ciclo ha subito diversi restauri ed è ora ancora in attesa di un intervento soprattutto conservativo che permetta di recuperare e serbare le parti originali. L’aspetto qui più attraente, è la preferenza narrativa che l’autore del ciclo decide; raccontando i momenti della Passione, infatti, sceglie di scomporre nel dettaglio tutta l’esperienza del giudizio di Gesù. Pur non avendo molto spazio a disposizione, propone una sequenza che introduce anche la figura di Erode Antipa come è citata nel vangelo di Luca, suggerendo di fatto un’opzione assolutamente singolare. Come è singolare il ciclo di Santa Lucia, datato intorno all’inizio del Quattrocento, nella chiesa omonima di Fondo dove è maggiore lo spazio fisico dedicato alla descrizione degli episodi cardine della vita di Lucia, risolti in otto riquadri ben impostati, che danno vita a uno dei pochi cicli pittorici dedicati alla vita della santa siciliana. Particolare per un altro motivo ancora, è il ciclo cinquecentesco con la Passione di Cristo della chiesa dell’Assunta, a Baselga di Bresimo. Ben conservato e da poco restaurato deriva dalla serie di incisioni chiamate «Kleine Passion» di Dürer ed è di fatto un fascinoso e dettagliato esempio, a diciotto scene, della trasposizione pittorica di un lavoro di grafica, con un’interessante e decisa gamma cromatica che richiama alla tradizione d’Oltralpe.
Architettonicamente hanno grande attrattiva, tra le strutture meno imponenti, quelle che conservano l’abside circolare come accade nella chiesa di San Vigilio a Cles. Lì il catino absidale è completamente decorato con pitture murali, datate all’inizio del XV secolo. Vi è rappresentato il Padre eterno in mandorla circondato dai simboli degli evangelisti e, in quattro medaglioni, i busti dei profeti Isaia, Geremia, Davide e Daniele. Nella medesima collocazione architettonica, nella chiesetta dei Santi Filippo e Giacomo a Segonzone di Campodenno c’è un soggetto quasi identico, ma di differente datazione e mano. Quella dei Santi Filippo e Giacomo è una piccola chiesa isolata rispetto all’abitato, conduce alla vista di Castel Belasi introducendo a un breve cammino di grande fascino, ancora fuori dal tempo. Di una bellezza rara, conserva, anche se non in ottimo stato, gli affreschi dell’abside con la Maiestas Domini, gli Evangelisti e i quattro Dottori della Chiesa ciascuno con filatteri con nome e motto; nella fascia inferiore sono anche i dodici apostoli. Il ciclo porta anche la firma di Giovanni e Battista Baschenis de Averaria, famiglia di artisti lombardi tra le più importanti e prolifiche che lavorò moltissimo in Trentino lasciando nelle chiese della Valle di Non molti lavori tra quelli attribuiti con certezza e quelli considerati di scuola. Nella stessa chiesa sulla parete interna sinistra c’è un’Ultima cena con una mensa piuttosto abbondante di stoviglie, frutta, pani e sorprendentemente di gamberi, gli stessi che si possono vedere nell’Ultima cena raffigurata nella chiesa di Sant’Udalrico a Rumo, anche qui la firma è quella di Giovanni e Battista Baschenis e la data è 1471.
La pittura non è un privilegio degli interni, la maggior parte delle chiese della zona ha degli affreschi esterni. L’utilizzo delle superfici esterne come sede di decorazioni pittoriche ha una funzione che non è solo didattica, ma crea un importante contatto diretto e continuo con la fede. La maggior parte di queste pitture sono state eseguite con una discreta tecnica a fresco che ha permesso la loro conservazione nel corso dei secoli. Dobbiamo considerare che le chiese nel succedersi del tempo sono spesso state sottoposte a modifiche strutturali importanti che in alcuni casi hanno alterato o completamente distrutto parte o alcune di queste pitture. Accade anche che modifiche del passato abbiano comportato la copertura e, dunque, di fatto la protezione, di dipinti che recentemente sono, invece, tornati alla luce.
Le decorazioni esterne hanno generalmente un carattere molto diverso rispetto ai dipinti interni, si tratta di solito di una figura o più figure chiaramente inquadrate, di notevoli dimensioni che si relazionano al santo cui la chiesa è dedicata, a santi cui la comunità è particolarmente devota o hanno un significato di corrispondenza con il sociale come succede con la figura di San Cristoforo presente sulle pareti esterne della maggior parte delle chiese della valle. Figura importante quella del santo che nel mondo contadino aveva il ruolo determinante di protezione durante la giornata di lavoro, di conseguenza era fondamentale che la sua fosse un’immagine gigantesca in modo da essere vista dai campi anche da una grande distanza. Nella chiesa di San Marcello a Dardine sull’esterno ci sono le figure di San Cristoforo e San Marcello. Anche sull’esterno della chiesa di San Lorenzo a Sarnonico c’è un frammento molto ben conservato dell’immagine di San Cristoforo che aveva accanto, sappiamo da fonti documentarie, l’immagine di San Lorenzo purtroppo oggi perduta. San Cristoforo è sicuramente una figura unificatrice, la sua presenza costante traccia un ulteriore percorso possibile che attraversa tutta la Valle di Non e prosegue in Val Sole. Oltre a quelle già citate altre raffigurazioni di San Cristoforo sono a Fondo (chiesa di Santa Lucia), a Revò (campanile della chiesa di Santo Stefano), a Varollo (chiesa della Natività di Maria) e a Livo (recentemente scoperto, chiesa di San Martino).
I percorsi possibili sono anche altri e più di quelli accennati, vanno considerati come parte integrante della caratterizzazione storica e culturale di questi luoghi e rappresentano un’ottima possibilità di conoscere e capire da un nuovo punto di vista.

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