Udine è un punto di partenza ideale per il turista alla ricerca di sapori profondamente legati al patrimonio storico e culturale del Friuli-Venezia Giulia. Fermarsi qualche giorno a Udine, quindi, vuol dire conoscere il patrimonio artistico e culturale della città, ma anche essere introdotti ai segreti di una produzione vinicola e alimentare i cui pregi sono noti dai tempi dell’impero romano. Proprio da Aquileia, infatti, prendevano il largo le navi cariche di anfore destinate a deliziare le tavole degli imperatori. Le stesse produzioni vinicole, nei secoli successivi, furono apprezzate nelle corti di mezza Europa, soprattutto grazie all’opera di quell’Asquini che, dalle colline attorno a Udine, nel Settecento, con un instancabile lavorìo diplomatico e commerciale, fece conoscere fuori dai confini locali quello che si sarebbe affermato come il principe dei vini friulani: il Picolit. 
    Ma anche sul colle del castello, alla Casa della Contadinanza, è possibile conoscere i prodotti tipici, in un punto di rappresentanza dell’agroalimentare locale. La Casa della Contadinanza fu ricostruita a fianco del castello nei primi del Novecento. Un castello che ospitò una delle più antiche istituzioni democratiche d’Europa, il Parlamento della Patria del Friuli, attivo ai tempi del Patriarcato d’Aquileia. Allora, la Contadinanza fu istituita per tutelare gli interessi dei contadini, e presso la casa, in origine edificata sotto il colle del castello, erano custodite le armi per eventuali necessità di difesa. Oggi è possibile ripercorrere quelle strade, ma solo per conoscere arte, cultura e tradizioni culinarie. 
    Salire sul colle del castello significa godere di una vista unica su tutto il Friuli. Non a caso la leggenda lo vorrebbe realizzato allo scopo di permettere ad Attila di godere della vista dell’incendio di Aquileia. Più semplicemente, il colle è di origini naturali, ma la bellezza del panorama ha contribuito a mantenere in vita il mito fino ad oggi. Ma anche le vecchie osterie sono un piccolo tesoro udinese. Affinché questo patrimonio non vada perso è nato il Comitato friulano per la difesa delle osterie, che ha l’obbiettivo di difendere strenuamente una libertà di scelta. La libertà è quella di poter continuare un “rito” che in Friuli è storia e cultura: frequentare l’osteria. 
    Sì, perché l’osteria non è un bar qualsiasi. Vista da fuori l’osteria è spesso simile a una casa privata, non ci sono insegne luminose e arredamenti luccicanti. Un bancone logoro, una credenza, qualche tavolino in un’unica stanza e, immancabili, le carte per la briscola: è questo l’armamentario tipico dell’osteria friulana. Un luogo, però, dove amicizie solide, racconti e relazioni si intrecciano da sempre. Quasi un luogo immateriale. Chissà che i guru dell’economia, quelli che ti predicano la fine dell’industria e del lavoro e l’avvento del post-industriale e del tempo libero, non scoprano il potenziale innovativo della formula “osteria friulana”. 
    Per ora le trasformazioni sembrano andare in senso opposto: sempre meno osterie. Al loro posto, nuove formule distributive, uffici, centri direzionali.

 

 

Con le osterie, però, scompaiono anche i valori più tipici della cultura della convivenza. Per questo il Comitato friulano per la difesa delle osterie si batte per la salvaguardia dell’istituzione, valorizzando e rilanciando, anche verso i giovani, il gusto di frequentare l’osteria. 
In un giro turistico alla scoperta delle bellezze udinesi, tra chiese e musei, e l’accostamento non sembri blasfemo, una visita in una vecchia osteria, magari durante una pausa, ci sta tutta. La promessa è quella di poter riassaporare riti antichi e assaggi preziosi. Un tuffo in un mondo in cui il tempo scorreva più lento, di cui a Udine e in Friuli non si vuole perdere la memoria. Anche Mario Quargnolo scrivendone in Caffè e osterie di Udine, ed Enzo Driussi in Vecchie osterie friulane ne hanno tessuto le lodi. E a Udine, in quei vecchi locali, sono anche passati pezzi di storia. Nel 1822 il Cavallino, poi diventato albergo Roma, ospitò il Pellico avviato allo Spielberg. 
«Qui sostarono in catene ed ebbero il conforto d’accorato addio i condannati dall’Austria all’agonia dello Spielberg 28 marzo 1822»: recita così la targa a ricordo dell’avvenimento. Oggi il Roma non esiste più. Un motivo ulteriore per includere qualche vecchia osteria nelle passeggiate in centro città.

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   Palazzo Moroldi.   La loggetta affrescata da Francesco Chiarottini Palazzo Moroldi.   The small loggia frescoed by Francesco Chiarottini Palazzo Moroldi.   Die kleine Loggia, geschmückt mit Fresken   des Francesco Chiarottini