Il barocco nella Valle di Non
ALTARI LIGNEI
Tra il Seicento e il Settecento, importanti botteghe di scultori-intagliatori
si servirono del legno per la realizzazione di altari di magnifica fattura
che oggi tornano alla vita grazie a sapienti restauri..
Le chiese della Val di Non conservano numerosi altari lignei di fattura barocca, che suscitano meraviglia per la ricchezza ornamentale e la varietà di forme superbamente ravvivate da dorature e vivaci policromie.
Nei paesi anauni di Cles, Sanzeno e Revò fra il Seicento e il Settecento esistevano, infatti, alcune importanti botteghe di scultori-intagliatori che seppero imporre la loro produzione come alternativa alla diffusione delle più costose opere lapidee.
La bottega di Pietro Strobl junior, attivo a Cles, dal 1669 al 1713, fu una delle più prolifiche e al suo interno si formarono gli scultori-intagliatori Giacomo Strobl junior (1675-1749) e Vigilio Fortunato Prati (1671-post 1738). Dal 1738 la bottega di Vigilio Fortunato Prati passò al di lui figlio Sisinio Alessandro (1702-1761), che nei primi anni del sesto decennio lavorò anche in Valtellina e sempre agli anni cinquanta del Settecento risalgono le notizie pervenute circa l’intagliatore Pietro Insom con bottega a Revò.
Dalla metà del XVIII secolo a Sanzeno fu attivo anche l’intagliatore e scultore di probabile formazione gardenese Giacomo Insom, che presumibilmente fu in stretto contatto con Giovanni Insom senior documentato nel vicino paese di Casez.
Fra i molti manufatti lignei è opportuno soffermarsi su alcuni dei più significativi apparati altaristici adorni di sculture, di recente oggetto di restauro grazie ai contributi provinciali.
Nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Maiano di Cles si conserva l’altare in legno policromo e dorato, provvisto di sculture laterali e sommitali e di un paliotto, realizzato dalla bottega Strobl nell’anno 1656, come attesta la data dipinta in una cartella della base; nell’abside della chiesa di San Tommaso a Dres di Cles è, invece, custodito un apparato altaristico in legno dipinto, tuttora provvisto di sculture laterali e sommitali, di porte laterali e di un paliotto, l’esecuzione del quale risale al 1672, mentre il suo ampliamento e i due monumentali candelabri, anch’essi in legno policromo, furono realizzati nel secondo decennio del Settecento.
Nella cappella di San Michele al Santuario di San Romedio, nel 1713 l’arcivescovo di Salisburgo Giovanni Ernesto conte di Thun fece erigere, a proprie spese, un altare. Il complesso altaristico pervenuto risulta essere l’assemblaggio di elementi risalenti a diverse epoche: mentre il tabernacolo e le portine laterali furono realizzati da Sisinio Alessandro Prati nel 1755 e nel 1757, e le due statue laterali sono riconducibili all’attività dell’intagliatore Georg Mosmair, la mensa, l’antependio e la struttura dell’ancona (sostegno di base, plinti, mensole, colonne, cimasa e ornamentazioni) sono frutto di un assemblaggio otto-novecentesco. In tale occasione vennero recuperati elementi preesistenti caratterizzati da un intaglio di gusto gardenese (visibile nelle colonne, nei festoni vegetali, nei puttini e nella figura dell’Eterno benedicente) presumibilmente provenienti dall’altare originario del 1713 e vi fu il rifacimento di parti architettoniche ispirate a modelli sei-settecenteschi, oltre all’invenzione di raccordi curvilinei con riccioli, inusuali nel linguaggio architettonico.
Il pulpito e i due altari laterali della chiesa di San Paolo a Marcena di Rumo sono, invece, una testimonianza esemplare sia della vivacità artistica dell’Alta Anaunia sia della grossa disponibilità economico-finanziaria dei fedeli locali. Mentre il pulpito, di cui non esistono documenti, è una copia, con varianti realizzata in legno policromo, di quello marmoreo disegnato ed eretto da Cristoforo Benedetti in Santa Maria Maggiore, a Trento, grazie al lascito testamentario di don Alessandro Venturi, deceduto il 14 luglio 1700; i due altari sono, invece, identificabili con quelli commissionati nel 1756 dalla locale Confraternita del Carmine ad ignoti intagliatori. La loro struttura ripropone uno schema compositivo in auge dal terzo decennio del secolo fra le botteghe anaune; la sovrabbondanza di sculture, scene figurate e ornamentazione, otticamente amplificati dall’uso di oro, argento e lacche multicolori, rivelano un gusto sfarzoso e di grande impatto visivo che rimanda alle grandi macchine spettacolari e scenografiche delle celebrazioni religiose tardo-seicentesche. Prodotto di cultura affine risulta essere anche il pulpito eretto, nel 1792, nella chiesa della Natività della Beata Vergine Maria a Varollo di Livo, dove gli Evangelisti, le Virtù e le figurine sommitali sono dipinti ad imitazione del marmo bianco per meglio risaltare sulla struttura architettonica dipinta a marmi colorati e oro, come il san Michele arcangelo all’apice del cielo.